Celeste Ultramarina Terra d'Ombra
catalogo dell'associazione culturale Poiein -Napoli

di Lidia Curti

Le donne di Vermeer, accanto agli armadi pieni di biancheria; quegli armadi si sono aperti e la biancheria è stata spiegata ed é entrata a far parte della pittura di una donna sulle donne, la pittura di Anna Trapani. Una pittura di corpi femminili, speculari, o molteplici, che si confrontano si affrontano, si abbracciano, si legano di angoscia e disperazione, si liquefanno in linee di colore, di turbine vitale. Insieme nel dolore, insieme nell’abbraccio, nella lacerazione, nell’amore.
La materia di questa pittura, le sue tele sono fatte di lenzuola, federe, tovaglie ricamate da mani di donne nel passato remoto e recente, il ricamo — disegno e traccia della memoria — è materia concreta, sfondo, intervallo e cornice del suo gesto pittorico che ha rifiutato la tela come tabula rasa; segno significato assunto a significante, mobile, sfuggente, e pur conturbante nel suo protagonismo.
Il ricamo preesistente è labirinto o linea divisoria, spartizione in sezioni, che spesso danno alle sue tele una scansione di storie, le separano in due episodi (di nuovo lo specchio) o in episodi successivi, sono linee al di sopra delle quali sguardi di donne guardano altre donne, il dialogo tra questa materia color della carne — foglie, fiori, uccelli, rettangoli o quadrati, linee di punti preziosi e complicati, nessuno uguale all’altro — e la pittura di Anna Trapani è una storia in sé, la ricerca del tracciato della memoria femminile, della storia delle donne che sono venute prima, a confronto con l’oggi, con gli sguardi femminili che prolungheranno la linea, presenti e future, noi.
La continuità del femminile tra il passato delle madri e lo sguardo delle figlie, lo sguardo privilegiato che Anna Trapani con timore e trepidazione ricerca come interlocutore parla di guida e affidamento tra donne ma anche di spezzatura, difficoltà, ostacoli, calvari dolorosi.
Non è un confronto di prima e di poi, è un confronto in cui il gesto della mano femminile che ha dato inizio all’ordito di tele che accoglievano il capo, il corpo, il cibo con una figurazione che blandiva e accarezzava, che significava la vita, che le dava storia e racconto, viene proseguito in un gesto della mano di Anna che lo prolunga, che non vuole essere se non partendo da esso. Mani infatti appaiono sulle tele, importanti, dominanti, nell’abbraccio tra donne, conforto solidarietà misericordia, nell’incontro e nel contatto tra le due, condensazione del gesto dell’una
verso l’altra, altre volte emergono da linee indistinte, la mano del filo materno che percorre questa pittura tutta, ma anche la mano di questi due gesti, del ricamo della pittura, la mano dell’incontro tra queste due realtà. Il segno firma nome della pittrice.
Il dialogo tra ricamo e pittura è mutevole, talvolta di pacata giustapposizione, talaltra di sottomissione voluta: allora il pennello entra nelle feritoie, nelle fessure del tessuto, lo segue, lo accarezza; altre volte il gesto pittorico irrompe, con una lacerazione, infine giunge ad esistere in s valicandolo, proseguendo il suo cammino dopo essersi interrotto, aver accettato l’interruzione, la pausa, il salto.
Nell’esplosione delle gouaches il gesto si emancipa, esprime gioiosa l’uscita dalla terra d’ombra, l’illusione la speranza di un linguaggio che può per un momento abbandonare la sponda della memoria.
Il corpo come metafora privilegiata del reale è presente in tutte le tele, così com’era presente nelle tele del passato che sottolineavano la scansione corporea quotidiana; squarcio nell’ordito della memoria, è sempre un corpo a due, sia che si guardi allo specchio o che volga le spalle ad esso “l’altrove del godimento della donna non lo si trova che riattraversando lo specchio che sottende ogni speculazione”; si unisce in cerchio e groviglio, confusione e comunione di membra: “nella sintassi del femminile... non ci sarebbe più né il soggetto né l’oggetto... l’uno non sarebbe più privilegiato Ti amo: corpo spartito. Senza tagli, senza te né me staccate”.
Il corpo come soglia tra il dentro e il fuori, attraversato e circondato da pieghe, volute, aperture e chiusure, il dentro e il fuori del sesso femminile, buco avvolgente, che si tocca e si abbraccia continuamente, ‘non siamo mai tutte aperte o tutte chiuse’.
Dopo un periodo di anemia cromatica, la pittura di Anna Trapani ha ritrovato il colore, lentamente, all’interno della carnalità del ricamo pallida nuvola terrena o carne rosea, è apparso il verde blu — celeste ultramarina —, si è mescolato ai gialli e bianchi, ha proseguito il suo cammino per accendersi di rosso cupo e del rosa carico del sangue femminile, fino alla forza del blu profondo, nell’esplodere dei corpi che si guardano, si attorcigliano. Corpo terra di ombra.