"I segni minimi del femminile", catalogo della mostra Anna Trapani Galleria il Mercante – Brera, 1981
di Alfredo De Paz
L'esigenza avvertita con grande intensità in questi ultimi anni di dare concreta presenza a un segno artistico femminile ci ha resi testimoni di tutta una serie di produzioni creative che sarebbe necessario rianalizzare al di fuori delle passioni calde della militanza femminista. Oggi. nel presente attuale di un 1981 che volge alla fine, è certo ingenuo non riconoscere il mutamento accelerato della situazione. E l'impossibilita quindi, da parte delle donne, di proseguire sugli stessi cammini di un tempo poco anteriore in cui le alternative sembravano subito realizzabili e chiare ed evidenti. Il discorso vale per la creatività femminile ma naturalmente per tutti gli ambiti sociali di un'epoca come questa - intendo i giorni che viviamo - di "vecchi fantasmi" e di "infausti ritorni" all'insegna di un grigio equilibrio restaurativo. In tale prospettiva non si può quindi che salutare con soddisfazione il lavoro che Anna Trapani va conducendo da tempo. Un lavoro mosso dalla volontà di dare nuovi significati e dimensioni al segno artistico femminile e al discorso sulla donna attraverso la libera utilizzazione di nuovi strumenti analitici e interpretativi. Su alcune tele bianche preparate a gesso, originariamente capi di lenzuola e di federe (da cui ancora traspaiono vecchie cifre come simboli di identità senza corpo, di tradizione), la Trapani disegna dei grafici alcuni dei quali risultano da sovrapposizioni di merletti, trine e simili. Tali grafici vengono prodotti tenendo presenti i modelli di René Thom (il celebre matematico francese autore della "teoria delle catastrofi"). In Thom, Anna Trapani ritrova un "linguaggio del corpo", un linguaggio antropomorfico o adanabile a manifestazioni che con la corporeità sono in stretta connessione, come é il caso dell'abbigliamento, basti pensare a termini come piega, increspatura, coda di rondine, ombelico che Thom usa nelle sue analisi e dimostrazioni. Ma questi sono termini che si trovano anche nel linguaggio della quotidianità e in particolare in quello dell'abbigliamento nel cui ambito sono rinvenibili, secondo la Trapani, i modelli di maggior rilievo (escludendo ogni giudizio di valore) creati dalla donna. Tali analogie fra Thom e i modelli dell'abbigliamento possono ravvisarsi ancora in espressioni come "modello della cuspide" e "modello della manica a cuspide" fra il "cappio della predazione" e la "gonna a campana", ecc. Ma il discorso della Trapani si amplia ancora (con o senza Thom) nella prospettiva di una comprensione globale del femminile quando ad esempio vengono tematizzati i termini thomiani di "conflitto", "biforcazione", "catastrofe" nella direzione di un mutamento, di una trasformazione che investono si tutte le forme viventi del mondo in generale. ma nel caso specifico l'essere della donna e la sua identità sociobiologica. La catastrofe e il mutamento morfogenetico divengono così un tramite dell'interrogazione. Il conflitto, l'opposizionemaschile/femminile, l'identità, rifondata o riconquistata. La Trapani si chiede se il conflitto in atto nell'ambito del femminile (e quindi del maschile) possa essere interpretato come modalità di accelerazione di un processo di rottura dell'unità del soggetto oppure se esso si presenti come una specie di "azione ritardata" di una "catastrofe" più generale nel senso di una trasformazione verso forme creative diverse. L'espropriazione storica del femminile é espropriazione e conflittualità anche del maschile nella dialettica servo/padrone. E' alienazione generalizzata. E' disidentità dei due poli dell'opposizione. Non è contraddizione come liberazione, ma è lacerazione come solitudine e autoannullamento e del femminile e del maschile. La riconquista del femminile nella dialettica autonomia/eteronomia, che esclude qualsiasi edificante e pronta "liberazione", può partire anche e non secondariamente appunto da una riconquista di una "segnicità" che la donna ha percorso per lungo tempo dentro l'arte e fuori dell'arte, fra le mura domestiche o come artista, come intellettuale o come madre. In tal senso il discorso che Anna Trapani ha messo a punto a partire dal ricamo come sistema di segni non referenziale in cui per tradizione la donna ha manifestato la propria creatività assume un valore piuttosto emblematico. "Arte", "artigianato", sono stati spesso i termini differenziati per coprire differenze storico/culturali di classe e di sesso ben più reali e concrete che non quelle sul valore di ambiti diversi di operatività umana. Arte, artigianato, appunto. La Trapani ne più che consapevole e quindi la proposta di cui ci rende partecipi ai lini di non relegare nell'insignificanza i segni del femminile per una loro giusta collocazione appare degna di un'attenzione più che marginale. Un attraversamento necessario, oserei dire, per ogni discorso ulteriore.
Alfredo De Paz